OK, abbiamo un piano

È il secondo anniversario di quel giorno felice e spensierato in cui mi portai a casa un pianoforte Yamaha CP-70B. Mi sembra giusto cominciare a pubblicare qualcosa su questo strumento e su quanto ho fatto finora per rimetterlo in ordine.

Quando il mio Cipì venne fabbricato, io ero un giovane studente, suonavo in un gruppo rock, vedevo i pianoforti elettrici Yamaha sui palchi dei concerti dei big, ed ero sicuro di due cose: che ci sarebbero sempre stati, e che io non avrei mai potuto possederne uno. Ovviamente mi sbagliavo.

Oggi questi strumenti non sono particolarmente ricercati. Quelli in buono stato, chi li ha se li tiene, mentre quelli un po’ più sbatacchiati, come il mio, passano di mano al prezzo di una chitarra.

D’altra parte, a che cosa serve un piano elettrico Yamaha? Ai tempi in cui venivano prodotti (intorno al 1980), servivano a sostituire il pianoforte a coda negli spettacoli itineranti: erano molto più maneggevoli, il pianista si sentiva a proprio agio e non c’era bisogno di microfoni. Oggi invece un piano elettrico Yamaha è solo un coso che pesa un quintale e mezzo, richiede due energumeni per trasportarlo, due ingegneri per montarlo e spesso anche un accordatore, e serve a suonare “That’s All” dei Genesis o “Everybody’s Changing” dei Keane. Con un piccolo problema: che se lo sostituisci con una Nord Electro nessuno capisce la differenza (tranne i cinque signori di cui sopra che rimangono disoccupati).

Il mio CP-70B reca il numero di matricola 11173 e si trovava dalle parti di Modena, in casa di un certo Stefano che doveva averlo avuto in regalo, o in cambio di qualche servizio di backline, ma essendo diventato padre, cominciava ad avere problemi di spazio.

Era perfettamente funzionante, ma risentiva chiaramente di trent’anni di incuria. L’unica parte non integra era il pedale: le catenelle che lo legavano alle gambe anteriori erano scomparse, mentre l’asta verticale era stata sostituita con quella di un piano Rhodes.

Ma prima dell’acquisto mi ero già messo d’accordo con Romano Caccia, il mio accordatore di fiducia: fra me e lui, avremmo saputo risolvere qualsiasi problema tecnico. Romano arrivò il 29 maggio e cominciò ad estrarre la meccanica per revisionarla con comodo nel suo laboratorio.

Pianoforte elettrico Yamaha CP-70B
Il CP-70B aperto a libro fa sempre la sua sporca figura (anche perché questa foto è stata fatta prima di cominciare a pulirlo).

La meccanica di un CP non è comoda da estrarre come quella di un normale piano a coda: è montata su un telaio fissato al fondo con delle viti, per accedere alle quali è necessario rimuovere alcuni tasti. Dettaglio più antipatico: la meccanica è priva delle viti di regolazione, per cui le molle di richiamo vanno estratte e manipolate una per una.

Meccanica CP-70B
La meccanica pronta per il viaggio verso il laboratorio.

Mentre Romano lavorava sulla meccanica, io potevo occuparmi della pulizia del mobile e della lucidatura delle gambe e di tutti i particolari metallici, nonché della meccanica del pedale. Riuscivo anche ad eliminare un fastidioso cigolio prodotto da una molla elicoidale che faceva attrito nella sua sede.

Gancio
Alcuni particolari metallici risentono della corrosione più degli altri: questo è uno dei ganci di ritenuta della barra trasversale che tiene fermi i martelletti durante il trasporto dello strumento.
Meccanica smorzatori
Particolare della meccanica degli smorzatori dopo la manutenzione.
Involucro pulito
La sezione inferiore del CP-70B pronta per il rimontaggio della meccanica. Durante la pulizia, ogni vite è stata mantenuta nella sua sede originaria.

Il rimontaggio del CP-70B ebbe luogo l’11 giugno, seguito da un controllo generale e da una buona accordatura. Romano possiede un accordatore digitale Yamaha fabbricato negli anni Ottanta, dotato anche della curva di correzione specifica per questo modello!

Il pedale lo sistemai qualche settimana dopo.

Tornerò a parlare di questo splendido strumento, anche perché ho rimandato fino ad oggi la revisione della parte elettronica.